Scandinavia e Giappone fra essenzialità e sostenibilità

Pamela Albanese - TosiLab

Dentro il complesso scenario delle tendenze, merita un proprio spazio un filone che cresce grazie a due spinte, una di carattere estetico minimal-funzionale e una di portata etica eco-sostenibile.

Ne deriva un quadro articolato dove si collocano i modelli di design funzionale - come il nordeuropeo e il nipponico - e tutte le teorie che ricercano l’armonia con la natura e un modo di affrontare il futuro con responsabilità verso l’ambiente.

Abbiamo denominato Eco-Minimal il trend ombrello che, sotto la sua egida, ospita una varietà di influenze e di concetti come quelli citati.

Per cominciare, occorre prendere in esame il curioso parallelismo fra la cultura dei paesi scandinavi e il Giappone. Sebbene geograficamente siano distanti e le loro storie siano completamente diverse, presentano degli aspetti comuni: l’amore per i rituali (uno fra tutti la sauna e i bagni), la passione per la natura e la tranquillità, l’atteggiamento umile e il profondo rispetto per gli oggetti.

Dal punto di vista orientale, per avere un assaggio delle origini di questo pensiero, al Palazzo Reale a Milano, fino al 29 gennaio, è possibile immergersi nelle straordinarie silografie di tre artisti giapponesi che danno il titolo all’esposizione: Hokusai, Hiroshige, Utamaro. La mostra racconta le radici di una meravigliosa cultura, poiché nel percorso emerge con forza un’immagine del rapporto privilegiato dell’uomo con la natura nelle sue varie declinazioni: paesaggi, montagne, mare, prati, foreste, animali, alberi, piante, fiori, ma anche vento, sole, pioggia o temporale. È sorprendente quanto queste entità siano inserite in una realtà sempre ordinata, che restituisce una raffigurazione del mondo mai caotica, ma sempre organizzata.

Si comprende allora perché il celebre Oki Sato, anima pulsante dello studio Nendo, afferma che uno dei ruoli principali del designer è ordinare le cose, e presentarle alle persone in una forma familiare e semplice da comprendere.  

Nell'estetica orientale un oggetto muta quando viene colpito dalla luce rispetto a quando si trova in ombra, si tratta dell’alternanza di “essere” e del suo contrario. D’altra parte, per la cultura giapponese a dar vita alle cose è un’energia ancestrale un nucleo dove si condensa il significato dell’essenza, il ki, che ne gonfia la forma come la maturazione riempie il frutto per poi vuotarlo nel momento in cui scompare.

Ancora una volta la luce si dimostra terreno di convergenza delle due culture, sebbene per due ragioni differenti. Il design nordico considera questo elemento inestimabile, a causa della sua carenza, e pertanto cerca di catturarlo in modo sempre più considerevole nei progetti.

Inoltre, così come per i giapponesi, anche per i nordeuropei è il legno il re indiscusso della costruzione e del mobilio. Gli svedesi, ad esempio, sono ben consapevoli che, sebbene si configuri come una risorsa millenaria, data quasi per scontata, esso sia un bene di inestimabile valore per la cultura abitativa. La sua finitura prediletta è di tipo naturale, appena tagliato, abbinato a fibre, lino, cotone, feltro nonché pietre biancastre o beige. La ragione è presto detta: le tonalità chiare sono fondamentali perché garantiscono una più agevole diffusione della luce in luoghi geografici dove essa equivale a un bene preziosissimo.

Sul pianeta dell’Eco-Minimal l’orpello è pressoché inesistente e i decori sono appena accennati. Per questo stile, decorare significa aggiungere punti colore pieni e ben dosati, lavorare in modo alternativo con le superfici dei materiali, rendendole per esempio rustiche, ottenendo finiture particolari o motivi a rilievo, creando tagli inediti e ricomposizioni originali.

In altri casi sono accenni di pretesti decorativi realizzati al tratto, ad esempio linee reticolari lievi, dove l’irregolarità della mano umana emerge in tutta la sua genuinità. 

La sostenibilità rappresenta poi la chiave di volta della progettazione: la tutela delle risorse terrestri rappresenta un cardine imprescindibile dell’abitare, nessuno può esimersi dal fare la propria parte.

La School of Industrial Design della Lunds University presentava a febbraio a Stoccolma l’invito One step backward. Two steps forward. Il concetto di fondo invita ad ispirarsi alla vecchia sapienza per innescare un ciclo virtuoso: usare risorse locali etiche e verdi permette al consumatore di inserirsi nello senario globale, consapevole di introdurre nella propria quotidianità solo oggetti e proposte di design che rispettano l’ambiente e la propensione verso il mondo naturale.

D’altro canto, nascono sperimentazioni come la casa che produce energia invece di consumarla, dello studio Snøetta. “L’architettura deve essere generosa” verso l’ambiente cui sottrae risorse e verso la società che ne fruisce, dichiara Craig Dykers, uno dei soci dello studio; il lavoro dei suoi oltre centocinquanta architetti è di ricercare un dialogo costante fra architettura e natura, e quindi il connubio perfetto fra la casa e il sistema ecologico che la circonda. Tuttavia l’armonia con la natura non è solo una questione visiva: a prendere piede sono le numerose interpretazioni di separè fonoassorbenti, divani, poltrone, sedie, concept di uovo cocooning, e nuclei di ufficio freestanding con appendici in feltro tutt'intorno, per isolarsi dalla rumorosità, adatti a spazi pubblici, uffici, ristoranti, negozi e così via.

  • Leggi l'articolo completo pubblicato su Ceramic World Review 119/2016

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